Conosciamo meglio
Martina Menegon
Martina Menegon
Martina Menegon (she/her, Italia, 1988) è un’artista, curatrice, docente e ricercatrice che lavora tra Vienna e il cyberspazio. La sua pratica esplora le dinamiche dell’incarnazione nelle realtà digitali ed estese, indagando la natura ibrida e chimerica della corporeità contemporanea attraverso assemblaggi intimi di elementi fisici e virtuali.
Utilizzando (e spesso forzando) motori di gioco, algoritmi e tecnologie immersive, realizza autoritratti glitchati e esperienze interattive che pongono lo spettatore di fronte a incontri stranianti, affettivi e spesso disorientanti. Il suo lavoro riflette su identità e presenza, mettendo in luce la vulnerabilità del corpo ibrido, la frammentazione del sé e la poetica dell’interstizio. Nel 2019 ha fondato la piattaforma curatoriale /afk, con cui ha prodotto una serie di mostre personali a Vienna dedicate a pratiche artistiche locali e internazionali nel campo dell’arte digitale e delle realtà estese.
Utilizzando (e spesso forzando) motori di gioco, algoritmi e tecnologie immersive, realizza autoritratti glitchati e esperienze interattive che pongono lo spettatore di fronte a incontri stranianti, affettivi e spesso disorientanti. Il suo lavoro riflette su identità e presenza, mettendo in luce la vulnerabilità del corpo ibrido, la frammentazione del sé e la poetica dell’interstizio. Nel 2019 ha fondato la piattaforma curatoriale /afk, con cui ha prodotto una serie di mostre personali a Vienna dedicate a pratiche artistiche locali e internazionali nel campo dell’arte digitale e delle realtà estese.

MARTINA MENEGON
untouched. 7285252 (from the series untouched, 2021–ongoing), Video Installation, 5:00 mi
untouched. 7285252 (from the series untouched, 2021–ongoing), Video Installation, 5:00 mi
“untouched” è un lavoro basato su una serie di autoritratti in continua evoluzione, creati attraverso la scansione 3D e presentati come sculture online, esperienze di realtà aumentata e installazioni video.
Nel video in concorso, il corpo dell'artista è stato catturato in movimento e si manifesta nello spazio dello schermo come un dettaglio organico e quasi astratto dell'originale, come avatar che si muove e si disfa senza soluzione di continuità davanti allo sguardo dello spettatore generando nuove identità fluide, esistenze multiple e autobiografiche dove il glitch, ottenuto interropendo il processo di scansione, non è un difetto tecnico, ma una tattica poetica, un modo per resistere alla levigatezza e alla perfezione digitale, rivelando l'instabilità e la vulnerabilità dell'identità ibrida.
Le figure sono lasciate intenzionalmente grezze, conservando le rotture del processo di scansione come residui estetici ed emotivi, che rifiutano la singolarità e si sovrappongono a nuove forme in divenire, aprendo una riflessione visiva ed esperienziale sul sé digitale come qualcosa di estremamente fluido e profondamente legato alla tecnologia.
Nel video in concorso, il corpo dell'artista è stato catturato in movimento e si manifesta nello spazio dello schermo come un dettaglio organico e quasi astratto dell'originale, come avatar che si muove e si disfa senza soluzione di continuità davanti allo sguardo dello spettatore generando nuove identità fluide, esistenze multiple e autobiografiche dove il glitch, ottenuto interropendo il processo di scansione, non è un difetto tecnico, ma una tattica poetica, un modo per resistere alla levigatezza e alla perfezione digitale, rivelando l'instabilità e la vulnerabilità dell'identità ibrida.
Le figure sono lasciate intenzionalmente grezze, conservando le rotture del processo di scansione come residui estetici ed emotivi, che rifiutano la singolarità e si sovrappongono a nuove forme in divenire, aprendo una riflessione visiva ed esperienziale sul sé digitale come qualcosa di estremamente fluido e profondamente legato alla tecnologia.